Punta dell'Azzocchio e monte Rotondo

Sulla lunga dorsale che divide i Piani di Pezza da campo Felice. Tanti sono gli orizzonti che quasi non ti accorgi di camminare sopra l'area sky di Campo Felice.
Una giornata dal meteo favorevole ci ha consentito di godere di orizzonti vastissimi. Il Velino ormai in perfetta forma invernale, come la più lontana Majella, anche i profili dei Sibillini apparivano imbiancati. Siamo stati tutto il giorno a cavallo degli altopiani: Campo Felice, Piani di Pezza e quello delle Rocche, contraddistinto dai suoi bei paesi. Lontano la valle dell'Aterno ed il versante che risaliva verso la cordigliera del Gran Sasso: Rocca Calascio, Calascio, Castel del Monte, Barisciano ... un presepio!


Da oltre un mese manchiamo dalla montagna, quando impegni e meteo si mettono d’accordo non puoi che metterti l’anima in pace e adottare la massima ineludibile delle montagne che non si muovono e sono sempre lì ad aspettarti. Un po’ arrugginiti non ci siamo voluti complicare la vita e ci siamo dati una meta “facile” ma almeno molto panoramica, Dio ha voluto che in questo autunno piovosissimo la Domenica che avevamo a disposizione fosse una splendida finestra di bel tempo. Raggiungiamo Campo Felice che la temperatura non supera i tre gradi, le nebbie si sono già alzate ma il sole non riesce a prendere sopravvento, le praterie luccicano ancora di ghiaccio; i monti intorno sono puliti e privi di neve, le ciaspole e i ramponi rimarranno in macchina, un peso in meno sulle spalle. Parcheggiamo alla fine del rettifilo che divide la piana, nella piazzola sulla destra che anticipa di poche centinaia di metri l’area sky di Campo Felice. Destinazione Punta dell’Azzocchio, iniziamo a traversare verso Nord per linee che attenuano il dislivello, prima al limite del bosco, poi superando svariati fossi, poi dentro il bosco, cercando dorsali che ci consegnassero pendenze docili; gli alberi sono spogli e pronti per la prima neve. A forza di traversare ci allunghiamo troppo verso Nord e quando sbuchiamo sulla costa di Fava Bruciata (+ 50 min. dalla partenza) ci rendiamo conto che dovremo convergere verso Sud per quasi un chilometro; ci siamo allargati troppo ma è stato un bel passeggiare, senza fretta dentro di un bosco rado e silenzioso, dopo tanto tempo anche questa è magia. Percorrendo l’impercettibile dorsale verso Sud in direzione Colle del Nibbio, rovinato purtroppo dalla sky line dei piloni degli impianti, e aggirato un ampio avvallamento, una radura ancora gelata, viriamo decisamente verso lo spigolo di Punta dell’Azzocchio; viaggiamo a vista, traversiamo ancora un pezzo di bosco, raggiungiamo la piana alla base dell’imbuto che forma la dorsale tra il Colle del Nibbio e la Punta dell’Azzocchio. Una carrareccia ci scorre davanti, fa parte di un circuito per MTB che scorre alto sulla piana di Campo Felice; la superiamo continuando a cercare la traccia che salga la dorsale, non scorgendola decidiamo di salire a destra, sbagliando perché una volta sopra scorgiamo evidente un bel sentiero dentro l’imbuto che traversando con comoda pendenza raggiunge lo spigolo e supera agevolmente il tratto roccioso; attraversiamo un altro breve tratto di bosco per raggiungere la base dello spigolo che si va facendo roccioso e più ripido, evitiamo le rocce e per linee logiche improvvisate superiamo uno alla volta i diversi salti che ci si presentano fino a sbucare sul filo della dorsale più o meno a metà del suo profilo, più o meno dove converge il sentiero che viene da dentro l’imbuto. Ci siamo alzati, è il primo affaccio, gli orizzonti si allungano verso Est e verso Nord, già ben oltre il catino di Campo Felice la cui piana mantiene ancora di una solitudine struggente; lì vicino, verso Ovest, oltre la distesa di spogli faggi, leggermente imbiancato, si erge la sagoma del monte Puzzillo e più lontano, verso Nord, quella insolita e isolata del monte Orsello. La pendenza diminuisce e lo spigolo si allarga, raggiungiamo la dorsale principale e l’omino di vetta di punta dell’Azzocchio (+ 45min.), si apre la più classica delle fotografie del gruppo del Velino, che conosciamo a memoria ma di cui non ci stanchiamo mai. Le vette più alte sono imbiancate decisamente fino a circa 1900 m. è il nostro primo assaggio invernale, una meraviglia. A Sud Est, oltre la dorsale che percorreremo, si allungano gli orizzonti sul Sirente appena imbiancato solo intorno alla cima e fino ad una lontana ma distinta Majella, che anche lei come il Velino è già in piena forma invernale. Valeva la pena di fermarsi un momento, dopo tanto tempo gli orizzonti ci ubriacavano di nuovo, eravamo nel mezzo di due grandi altopiani, quello di Campo Felice e quello dei Piani di Pezza, gli orizzonti andavano dalla Majella ai Sibillini, di fronte il muro del Cefalone, dietro tutte le montagne del Velino, ci siamo lasciati ubriacare. Spirava un vento freddo, ma è bastato coprirsi e siamo rimasti una ventina di minuti, felici come i bambini al parco giochi. Continuiamo l’anello previsto seguendo verso Sud il sentiero B1, scendiamo verso Colle del Nibbio dove iniziano le prime deturpazioni degli impianti da sci di Campo Felice; un vecchio “casotto” dismesso, accanto un pilone arrugginito, tagliato e disteso come un vecchio ormai non più utile a nessuno, più sotto l’arrivo dei i nuovi impianti … e poi ci facciamo ancora domande sulla necessità di ampliare questa stazione? Avessero l’accortezza di tenere in piedi solo il necessario e di eliminare i manufatti degli impianti in disuso anche la logica del turismo e dell’occupazione avrebbe la sua ragione di esistere, ma così no! E il peggio sapevo che era davanti, in cima al monte Rotondo. Dal colle del Nibbio, sempre il cresta all’ampia dorsale, ora su tracce ora sulle carrarecce ad uso manutenzione degli impianti si continua verso Sud, l’aria tersa e gli orizzonti lunghi non nascondevano nulla, per un paio di chilometri è un salire e scendere continuo di poche decine di metri fino a virare verso Est già in prossimità della rotondità del Rotondo; la via di salita alla montagna era di facile lettura, quasi scontata, di per sé banale, per fortuna il trionfo di panorami che si aprono tutto intorno, ora anche sulla piana di Ovindoli fino al monte Tino, davano un senso a tutto. Dopo la brusca virata verso est raggiungiamo l’arrivo dell’ultimo impianto della stazione da sci, da lì, virando di nuovo verso Sud un ultimo lungo traverso su un’ampia carrareccia sale con pendenza costante fino a raggiungere la brutta croce e i 2060m. del monte Rotondo (+ 1,40 ore). Da quassù, se riesci a far finta di non vedere i ruderi della stazione d’arrivo a poca distanza e scendi di poco dalla vetta verso Est fai subito pace con la montagna deturpata; si apre un panorama mozzafiato e nello stesso tempo rasserenante sull’altopiano delle Rocche che sembra essere incastrato tra la dorsale del Gran Sasso e la Majella, imperiosa la sagoma del Sirente. Si sta nel mezzo di 4 altopiani, Campo Felice, I Piani di Pezza, quello delle Rocche e la piana tra Rovere e Ovindoli, sparpagliati nelle piane si ergono isolati i paesi di Rocca di Mezzo, quella Di Cambio, Rovere, Terranera; più lontano, verso i profili del Prena e del Camicia si distingue il profilo di Rocca Calascio con intorno i piccoli borghi di Calascio stesso, Barisciano, Santo Stefano… una quiete fuori dal mondo, un presepio, tanto che siamo rimasti così, a mangiarci qualcosa, in silenzio, a fermare i nostri sguardi ora su un dettaglio ora su un altro per buoni venti minuti. Questa montagna così deturpata e per questo pochissimo desiderata ti donava a piene mani un panorama di una serenità fuori dal comune, era come se ci stesse pregando di essere rivalutata. Per scendere e chiudere l’anello siamo andati per le corte, presa la dorsale larga nel versante Nord, che poi coincide con una vecchia pista da sci, raggiungiamo veloci e diritti, come seguendo un filo tirato da un muratore, la sella che dà verso l’altopiano delle Rocche, da lì per prati e tratti di piste raggiungiamo la piana e alla fine la macchina (+ 1,40 ore). Non sarà certo l’escursione che ricorderemo per tutta la vita questa, camminando però tra i boschi silenziosi, scorrendo su quella dorsale panoramica, sporgendoci da quel pulpito che è il monte Rotondo, la giornata ci è stata leggera e quando la montagna ti regala una giornata leggera hai comunque raggiunto il risultato, tanto bastava a noi. L’anello si è allungato per 14 chilometri e nonostante tutto abbiamo salito quasi 900 metri di dislivello, si è trattato anche di un bell’allenamento; mettici che alla Capannina di Campo Felice ci siamo goduti il caldo accogliente del rifugio e l’agnello più buono che io ricordi a questa giornata quasi improvvisata non dovevamo davvero chiedere più nulla.